La “partenza lenta” della Nona alla Scala

La “partenza lenta” della Nona alla Scala

La storia delle esecuzioni scaligere della Nona di Beethoven, di cui quest’anno si celebra il bicentenario, inizia solo nel 1897 (è invece del 1878 la prima esecuzione italiana). Oggi è la pagina sinfonico-corale più eseguita alla Scala dopo la Messa da Requiem di Verdi

Riccardo Chailly Orchestra e Coro Scala 649824BADG ph Brescia e Amisano

“18 aprile 1878. È una data che gli artisti terranno a memoria per lungo tempo: è una data che ridona a Milano tutto il suo prestigio nel culto dell’arte musicale. […] Il concerto era annunciato per le otto e mezza, ma già assai prima delle otto ricchissimi equipaggi, modeste carrozze, brougham e pedoni potevano a mala pena non urtarsi nell’ampio cortile del Conservatorio. Era nota la capacità della sala […]: era noto che una buona metà di costoro sarebbe stata costretta a ritornarsene di malumore a casa in virtù del principio che in un vaso pieno non può capire un’altra goccia.” Così sul Corriere della Serail critico (che si firma Hans.) inizia il racconto di quanto accaduto la sera precedente a Milano: la prima esecuzione italiana della Sinfonia n. 9 op. 125 di Ludwig van Beethoven, che arriva con un incredibile ritardo di quasi 54 anni sulla prima assoluta di Vienna, di cui il 7 maggio 2024 si celebra il bicentenario. Il coro conta 160 elementi provenienti dalla Società di Canto Corale e dalla Società del Quartetto Corale, mentre le parti solistiche sono affidate alle Signore Invernizzi e Vaneri e ai Signori Aresi, Bertocchi e Taveggia.

Sul podio il veronese Franco Faccio, direttore tanto caro a Giuseppe Verdi per le interpretazioni operistiche alla Scala, ma che non incontrava il pieno favore del sommo compositore per il suo impegno volto a promuovere la musica sinfonica, tanto che in occasione della prima tournée della Scala all’estero, fortemente voluta da Faccio con una serie di concerti sinfonici al Trocadéro di Parigi nel 1878, il direttore stabile scaligero aveva chiesto consiglio a Verdi sul programma da eseguire, ma non aveva ottenuto risposta. Un silenzio eloquente. Il compositore era infatti molto scettico sull’operazione promossa da Faccio: riteneva che la musica strumentale fosse in Italia “una pianta fuori clima”, arte da lasciare ai tedeschi che avevano mezzi diversi e “qualcosa di diverso anche di dentro”. Verdi si sarebbe poi piacevolmente ricreduto di fronte agli entusiastici risultati artistici dell’impresa parigina, ma non avrebbe comunque modificato il suo pensiero sulla musica sinfonica, tanto che quando nel 1879 Faccio gli propone la presidenza onoraria della nascente Società Orchestrale della Scala (costituita dai componenti dell’Orchestra della Scala, allargata a 120 elementi: una sorta di Filarmonica ante litteram), declina cordialmente la proposta con una lettera scritta da Genova il 4 aprile 1879, in cui sostiene che “sta bene educare il pubblico all’Arte grande, ma a me pare che l’arte di Palestrina e Marcello sia pure un’Arte grande […] ed è nostra”.

Tornando al concerto del 18 aprile 1878, l’organizzazione è curata dalla Società del Quartetto, di cui Faccio era stato promotore, e il programma ˗ interamente beethoveniano ˗ prevede l’Ouverture Re Stefano op. 117, l’Ouverture Coriolano op. 62, oltre alla Nona Sinfonia. L’esecuzione viene ripetuta ancora al Conservatorio il 22 aprile e quindi, a grande richiesta, il 26 aprile al Teatro Carcano, in una sala più vasta e più adatta al capolavoro. Dopo l’ultima esecuzione, scrive lo stesso critico del Corriere:“Udendola pare che Beethoven prima di morire abbia svelato al mondo il mistero del suo genio; pare che dopo aver goduto dello stupore degli uomini abbia lor detto: non vi meravigliate di quanto fu prodotto in arte e di quanto si produrrà; eccovi la fonte di ogni bello ch’io ebbi non so come, né da chi.”

Poco più di sette anni dopo la Nona Sinfonia torna a Milano, ancora nella Sala del Conservatorio e ancora con la direzione di Franco Faccio e sul Corriere della Sera, in analogia con la precedente occasione, leggiamo: “Il 6 dicembre 1885 è una data che tutti quanti a Milano comprendono e amano l’arte musicale non dimenticheranno così presto, come non hanno dimenticato il 18 aprile 1878, altro fortunato giorno nel quale ci fu dato di udire, gustare, ammirare nella IX Sinfonia la più grande manifestazione del genio di Beethoven.”

Finalmente, il 19 maggio 1897, a distanza di 73 anni dalla prima esecuzione di Vienna, la Nona di Beethoven risuona tra le mura della Scala! A dirigerla è Charles Lamoureux, direttore francese di primissimo piano, già impegnato nella stagione sinfonica del 1894, anch’egli, come Faccio, fortemente impegnato nella diffusione nella sua nazione della musica sinfonica europea, in particolare di quella tedesca, anch’egli costretto ad affrontare forti resistenze. Nell’introdurre il concerto il giorno della prima esecuzione, il critico del Corrierespiega che “non era tollerabile che il grande capolavoro beethoveniano continuasse a rimaner quasi sconosciuto alla grande maggioranza del pubblico. Dal 1824 venendo a oggi le esecuzioni della Nona Sinfonia si contano sulle dita. A Milano essa ebbe due esecuzioni (1878 e 1885) nei concerti della Società del Quartetto; a Bologna la si udì pure due volte; e una sol volta ˗ se non m’inganno ˗ a Torino e a Roma. In tutti gli altri Stati d’Europa da ottant’anni la Nona si replica continuamente. […] Da noi le difficoltà si riassumevano una volta principalmente nel predominio esclusivo accordato alla nostra musica. Oggi si trovano invece piuttosto nella mancanza di esecutori. […] Gli è che la Nona è ben diversa da tutte le altre Sinfonie. A parte l’introduzione dell’elemento vocale (solisti e cori) nell’ultimo suo tempo, tutta la sua struttura orchestrale è così complessa e difficile che non può tollerare esecuzione mediocre. Da noi non vi sono orchestre stabili: ecco il difetto. E quindi la possibilità di eseguire la Nona Sinfonia può solo nascere in circostanze straordinarie e in seguito a vigorosi sforzi, quali sono quelli cui s’è dedicata ora la Società Orchestrale del Teatro alla Scala. […] Dato ciò è un problema veramente grave concertare un colosso della mole di questa mirabile sinfonia. Quanto sia costata di fatiche l’odierna concertazione al maestro Lamoureux e agli istruttori dei cori non è a dire, e con quanto zelo abbiano corrisposto i professori dell’Orchestra e gli interpreti delle parti vocali si vedrà stasera”. L’esecuzione suscita grande impressione ed entusiasmo nel pubblico scaligero e viene ripetuta in tre occasioni, l’ultima delle quali, il 26 maggio 1897, in una serata dedicata alla memoria di Franco Faccio, prematuramente scomparso a soli cinquantun anni nel 1891.

Si entra nel XX secolo e, superate le remore di fine Ottocento sulla musica sinfonica e con complessi artistici più strutturati, la Nona trova la sua strada e si inserisce progressivamente nel tessuto scaligero. Il 20 aprile 1902 è Arturo Toscanini a proporla per tre serate con un esito assolutamente trionfale. Toscanini la dirigerà ancora dopo la trasformazione della Scala in Ente Autonomo, nel 1922, e quindi nel 1926, in quest’ultima occasione con l’esecuzione dell’integrale delle Sinfonie di Beethoven, proposta anche in trasferta a Torino. Nel 1935 la Nona torna, ancora con l’esecuzione dell’integrale, sotto la guida di Otto Klemperer, mentre nel 1940 e nel 1941 è Victor de Sabata a cimentarsi con la Nona. Nel 1944, con la Scala bombardata e inagibile, Hans Weisbach la dirige al Teatro Lirico e al Sociale di Como.

Nel Dopoguerra, subito dopo la riapertura del Teatro, il 24 giugno 1946 è ancora Toscanini a proporla al pubblico. Seguono altri grandissimi: Wilhelm Furtwängler (1949), ancora De Sabata (ciclo integrale nel 1952), Sergiu Celibidache (1959), Zubin Mehta (nel 1971 e poi nel 2017 in tournée in Kazakhistan), Karl Böhm (1975), Thomas Schippers (1976), Carlo Maria Giulini (1977 e 1986), John Eliot Gardiner con l’Orchestre Révolutionnaire et Romantique e il Monteverdi Choir nel 1994, Riccardo Muti (ciclo integrale nel 1998 e nel 1999), Daniel Barenboim (nel 2005, nel 2007 in Ghana e ancora alla Scala nel 2012), Kurt Masur (2007), Xian Zhang con i Complessi dell’Orchestra Sinfonica di Milano (allora Orchestra Verdi, nel 2010), Gustavo Dudamel con la Simón Bolívar Sinfónica e Juvenil (2015), Myung-Whun Chung (nel 2016 all’Open Air Theatre di Milano e in tournée in Corea e Cina), Christoph von Dohnányi (2016) e Riccardo Chailly (2020).

A oggi si contano 64 esecuzioni, che hanno reso la Nona Sinfonia la composizione sinfonico-corale più eseguita dai complessi scaligeri dopo il Requiem verdiano, colmando quindi il “gap” iniziale, tanto da proporla in diverse occasioni, come avvenuto anche per il Requiem, in tournée all’estero. Tra queste, di particolare rilevanza è il concerto realizzato ad Accra il 23 aprile 2007 in occasione del 50° anniversario dell’indipendenza del Ghana. Nato da un’idea emersa nel corso di un incontro in occasione della Prima scaligera del 7 dicembre 2006 tra l’ex Segretario Generale dell’ONU, il ghanese Kofi Annan, l’allora Sindaco di Milano Letizia Moratti e il Sovrintendente Lissner, il concerto è stato realizzato con la direzione di Daniel Barenboim nonostante i tempi strettissimi, suscitando grande risonanza e risultando determinante per l’assegnazione a Milano di Expo 2015.

Andrea Vitalini
Responsabile dell’Archivio Storico Artistico del Teatro alla Scala