Cherubini ex ante

Cherubini ex ante

Michele Gamba riflette sull’importanza di non farsi tentare da letture protoromantiche del capolavoro di Cherubini, da cui Beethoven prenderà certamente le mosse, ma che andrebbe letto più nella prospettiva classica tra Gluck e Mozart

michele gamba

Dopo il successo scaligero del nuovo Rigoletto con la regia di Mario Martone e l’affermazione al Metropolitan di New York, Michele Gamba torna sul podio del Teatro alla Scala per Médée di Cherubini. Il dialogo con il direttore d’orchestra milanese si rivela particolarmente ricco di spunti, anche perché Gamba ha un retroterra di studi letterario-filosofici che gli permette di affrontare quest’opera con uno sguardo di rara completezza e profondità.

 

LC Médée arriva per la prima volta alla Scala nella versione francese: quali sono, dal punto di vista musicale, le principali differenze con la versione italiana entrata nell’immaginario collettivo grazie all’interpretazione di Maria Callas?

MG Eseguiamo la versione originale, senza i recitativi di Lachner. I numeri musicali rimangono integri, secondo le indicazioni del compositore presenti sulla partitura autografa e sulle parti utilizzate alle prime di Parigi e Vienna. L’intento è aderire al dettato di una partitura già di per sé iperbolica nella scrittura, resistendo alle sirene dell’ipertrofismo retorico.

 

LC Negli undici anni che passano dall’arrivo di Cherubini a Parigi alla composizione di Médée, il fiorentino si distanzia dai clichés dell’opera italiana settecentesca per assimilare la riforma di Gluck e la nuova temperie rivoluzionaria. A suo avviso quali sono gli elementi musicali caratteristici di questa svolta?

MG L’approccio alla vocalità è molto poco “italiano”. Cherubini rinuncia a ogni edonismo del canto in favore di uno stile quasi declamato, scabro, asciutto. Se quest’aspetto lo avvicina a Gluck, certamente l’attenzione al sinfonismo e all’unitarietà del dramma lo proietta nel futuro quale profeta del linguaggio di Beethoven e Berlioz. In diversi momenti, l’assenza di una vera e propria specificità tematica nelle parti cantate trova invece pieno senso nella trama orchestrale, nel suo colore (non privo, almeno per me, di suggestioni “à la Rameau”) e nella sua espressività.

 

LC In Francia, sin dai tempi di Rameau, l’opera aveva sempre tenuto in considerazione i diritti della poesia, anche per contrastare il monopolio canoro degli italiani, che vantavano voci di maggior spicco. Come si declina in Cherubini questo rapporto fra suono e verbo?

MG Se la vocalità di Cherubini trae origine dal gusto del declamato di Gluck, l’audacia espressiva di Médée viene assorbita in una scrittura strettamente interrelata alla trama orchestrale. A mio avviso, così si spiega l’enorme successo che già all’epoca ebbe quest’opera. Il rapporto fra suono e verbo è superato a favore di una compenetrazione drammatica che rigetta l’effetto roboante fine a se stesso, in favore di un’efficacia teatrale ineludibile.

 

LC Il mito di Medea ha avuto numerose declinazioni: per quanto riguarda la letteratura antica, si pensi innanzitutto a Euripide, a Ovidio e a Seneca. Lei proviene da studi classici e filosofici, accostàti a quelli musicali: quanto il suo sguardo da lettore delle diverse incarnazioni del mito di Medea ˗ confrontate con quella del libretto di Hoffmann ˗ ha avuto un impatto sulla lettura musicale?

MG Per me rimane centrale Euripide, ancora più di Seneca e Corneille, che invece sono i punti di partenza di Hoffmann-Cherubini. Proprio nel recitativo finale dell’opera viene ripreso il tema cruciale del rifiuto opposto a Giasone che implora di piangere sulle spoglie dei figli, un passaggio euripideo fondamentale. Le Argonautiche, poi, costituiscono l’antefatto che spiega il personaggio di Medea come la vediamo nelle tragedie e nell’opera: ci spiegano la furia dell’incipit dell’ouverture.

 

LC Lei è stato assistente di un grande beethoveniano come Daniel Barenboim, alla Staatsoper di Berlino, e lei stesso è un cultore di Beethoven, che aveva in grande stima Cherubini. Quali, sinteticamente, i punti di contatto fra i due compositori?

MG Il sonatismo e l’elaborazione tematica degli incisi sono certamente aspetti molto affini, che svelano anche il forte indebitamento di Cherubini verso Haydn o il Mozart di Idomeneo, ad esempio. Il vigore della pulsazione ritmica, non monolitica, ma funzionale alla carica drammatica della musica è un altro essenziale punto di contatto con Beethoven. L’inesorabilità del tactus, più che la potenza dei decibel, vòlta a un utilizzo spregiudicatamente tragico del materiale sonoro, spiega l’accusa rivolta a Cherubini di “terrorismo musicale”. Da questa efficacia espressiva Beethoven prenderà le mosse. Questa innegabile vicinanza credo che imponga anche un caveat da tenere presente: leggere l’aulico testo di Hoffmann e la musica di Cherubini solamente dalla prospettiva ex post di una sorta di romanticismo di maniera, non farebbe giustizia della efficacia di una scrittura ancora intrisa di classicismo e dunque da inserire nel giusto contesto interpretativo.

 

LC Nella nostra attualità si parla più che mai di violenza, dalle guerre ai femminicidi. Con Medea, l’omicida è una donna, che però è stata vittima di una sequela di ingiustizie. Medea compie un atto che definiremmo “contro natura”, uccidendo barbaramente i figli. Eppure il personaggio, quasi un Giano bifronte se consideriamo le sue qualità magiche, ha attratto irresistibilmente letterati, pittori, musicisti. Forse il segreto sta nel meccanismo aristotelico della catarsi? E Cherubini come esprime questo cortocircuito tra forza della passione amorosa ed efferata violenza?

MG Non sono ancora venuto a capo della catarsi in Medea. La morte dei bambini potrebbe essere la catarsi, ma mi affascina piuttosto la razionalità della maga: il logos nell’utilizzo del pharmakon. Penso che qui stia il cortocircuito del personaggio e la sua attrattiva. La musica è spesso ambigua, il melisma crea un’atmosfera legata al colore armonico e al tessuto orchestrale che non offre letture univoche. In questa complessità risiede il fascino misterioso e sinistro di Medea.

 

LC Il repertorio a cavallo fra Settecento e Ottocento è stato fatto proprio negli ultimi decenni dai cultori della “prassi storicamente informata”. Quanto ritiene utile confrontarsi con quel mondo per un’interpretazione con strumenti moderni e in un’acustica come quella scaligera?

MG Ritengo sia fondamentale confrontarsi con le esperienze e le ricerche della prassi storicamente informata. Non provengo da quel tipo di studi, ma sono convinto che si possano trarre spunti e stimoli da un ambito che può solo arricchire le possibilità di lettura, rendendo plausibile la ricerca di un suono appropriato allo stile e all’epoca del compositore, senza estremismi talvolta un po’ fini a se stessi.

 

Luca Ciammarughi