Il mio primo Des Grieux

Il mio primo Des Grieux

Il Direttore della Compagnia scaligera ricorda il suo incontro con Kenneth MacMillan, quando il grande coreografo lo scelse per il debutto della sua leggendaria Manon all’Opéra di Parigi

Manuel Legris ph Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala (34)

Dall’ 8 al 18 luglio il Corpo di Ballo saluterà il pubblico scaligero prima della pausa estiva con una importante ripresa, L’histoire de Manon di Kenneth MacMillan. A sei anni dalle precedenti rappresentazioni, torna in scena un balletto che fa parte della storia del nostro Teatro, fin dal 1994, quando entrò per la prima volta in repertorio. MacMillan era da poco scomparso e la ripresa fu affidata a Monica Parker; tra i protagonisti di quella prima stagione, invitato dall’Opéra di Parigi, l’étoile Manuel Legris, nel ruolo di Des Grieux che gli venne affidato nel 1990 dallo stesso MacMillan al debutto francese del balletto. Un incontro speciale, che Legris ricorda come uno dei momenti di svolta della sua carriera.

 

CV Maestro Legris quando si è avvicinato a questo balletto?

ML Rudolf Nureyev era alla direzione della Compagnia; quando ha comunicato che era in previsione questo balletto, pur non sapendo se sarei stato nel cast, per me già questo annuncio fu speciale ed emozionante: conoscevo bene la produzione, l’avevo vista con il cast del debutto e Anthony Dowell nel ruolo di Des Grieux mi è rimasto impresso nella memoria, era chiaro quanto questo grandissimo artista avesse dato ispirazione a MacMillan per creare il ruolo. C’erano già altri titoli di MacMillan in repertorio, anche una creazione, ma per me sarebbe stato quello il primo incontro diretto con il suo stile, e in uno dei suoi capolavori: Des Grieux è davvero un dream role, tutte le generazioni di ballerini - e ancora oggi - l’hanno voluto danzare.

 

CV Com’è stato il suo incontro con MacMillan all’Opéra?

ML Non scorderò mai quando è venuto per la scelta dei cast: stavamo provando In the Middle, Somewhat Elevated di Forsythe e lo rivedo come fosse ieri, in sala ballo, educatamente in disparte, molto silenzioso, calmo, senza dire nulla. Il giorno dopo, la direzione mi ha chiamato e mi ha comunicato la sua decisione: sarei stato Des Grieux alla prima, con Monique Loudières. Per me è stato incredibile: aveva fatto la scelta dei cast e scelto me come primo Des Grieux basandosi su una prova di Forsythe!

 

CV Come lavorava MacMillan con la Compagnia e come sui ruoli principali?

ML Abbiamo montato tutto il balletto con i maîtres; quando lui è arrivato si è concentrato su specifiche indicazioni e sui personaggi, sulla musicalità, sull’immagine, senza parlare troppo, un po’ come Nureyev, due o tre indicazioni importanti e stop. Ma indicazioni utili, su cui riflettere. È arrivato due settimane prima del debutto e ha seguito tutte le prove di scena. Ricordo la prima prova con il corpo di ballo: inizia il filage e arriva il mio primo incontro con Manon, solo una camminata. Lui ha fatto fermare la prova ed è venuto a parlarmi; aveva percepito il mio nervosismo e mi ha detto: “Vai tranquillo per questa prova, va tutto bene, sarai fantastico”, ed è tornato a sedere. La prova è andata bene, ma senza quelle parole sicuramente sarebbe stato un disastro, per lo stress e le emozioni che ti travolgono in questa storia, davanti a tutta la Compagnia…

 

CV È un regalo prezioso la sintonia che si crea con il coreografo.

ML Si, è stata una fortuna straordinaria: poter lavorare direttamente con MacMillan e sentire un’affinità, non saprei come spiegarla, quasi un colpo di fulmine, un’attenzione e un legame che ho sentito per tutto il tempo delle prove e in scena, e che sento forte ancora ora, nel ricordare quando alla fine della recita è salito sul palcoscenico, è venuto direttamente da me, mi ha preso la mano e mi ha portato davanti al pubblico al sipario… un momento emozionante. Sono poi venuto a sapere che a Londra aveva avuto per me parole di grande stima, per aver visto per la prima volta dopo Dowell una così ideale interpretazione del ruolo, un complimento incredibile. Come incredibile era secondo me la sua personalità; flemmatico ma con grande carattere sotto un’apparenza tranquilla, del resto non avrebbe potuto creare balletti forti e potenti come Manon o Mayerling o A Month in the Country... sono lavori difficili, con ruoli complessi, personaggi femminili per nulla scontati o “comodi”, con uno spessore interpretativo che porta a scavare anche nelle brutture e tocca nel profondo fino a fare male. Posso dire che dopo aver ballato questo lavoro tutto cambia, niente può essere come prima e tu non puoi più essere lo stesso.

 

CV La prima assoluta avvenne nel 1974. Sono passati cinquant’anni esatti e questo balletto continua a essere rappresentato e seguito con grandissimo entusiasmo. Qual è a suo avviso la sua forza? 

ML La storia è bellissima, unica, anche per profondità artistica; non è solo danza, devi essere attore, aprirti a tutti i livelli di emozione, amore, morte, malattia, tradimento. La scelta musicale è azzeccatissima e coinvolgente, i caratteri sono dominanti, la tenuta del balletto è fatta attraverso i ruoli e lo sviluppo della drammaturgia è affidato ai passi a due: fin da subito si tende il primo filo tra Manon e Des Grieux e c’è un’evoluzione, anche tecnica. Des Grieux entra con una variazione su controllo, una variazione di seduzione, da comunicare senza passi eclatanti, in modo delicato, per iniziare a mettere le basi di una storia d’amore che sboccia subito dopo con il passo a due, difficilissimo; nella seconda scena il passo a due della camera richiede il massimo, come il dramma che si compie nel secondo atto e il finale, geniale, con la musica, le corse, una morte rappresentata in modo così unico… Ho adorato Romeo ma Des Grieux è il ruolo più bello della mia carriera, il più speciale; l’ho danzato tanto e con tante partner, e sono contento di seguirlo ora, con l’attuale generazione di danzatori della Scala.

 

CV Da coreografo a coreografo, cosa l’ha colpita del suo linguaggio?

ML L’ho sempre trovato molto impegnativo; ricordo che quando vidi The Four Seasons da allievo della scuola (per le lezioni di storia della danza assistevamo agli spettacoli) mi avevano colpito le variazioni, incredibili; e quando ho coreografato Verdi Suite le sue combinazionimi hanno ispirato. Oltre a saper raccontare una storia, aveva anche un vocabolario molto ricco e vario, un legame con il classico non rigidamente accademico, era classico senza essere classico. Un coreografo, insomma. Che fra l’altro prendeva anche dei rischi, perché ad esempio Métaboles, creataper l’Opéra di Parigi, non ebbe fortuna. Manon è stato il balletto della pace fra MacMillan, il pubblico e la critica di Parigi; Nureyev aveva insistito per questo titolo e così ha aperto la porta a MacMillan per un ritorno folgorante, e fu un successo enorme.

 

CV Solo due anni dopo questa prima francese, il 29 ottobre 1992, MacMillan moriva dietro le quinte della Royal Opera House, durante la ripresa del suo Mayerling, mentre al Birmingham Royal Ballet andava in scena il suo Romeo e Giulietta.

ML Ci penso con profonda tristezza: non ho avuto tante occasioni per lavorare con lui, ma incontri come questi sono speciali e sai che dureranno per sempre; è stata un’occasione unica nella mia vita, quasi magica, ma se fosse stato ancora vivo sicuramente ci sarebbe stato un seguito. Mi ha dato qualcosa di inesplicabile, è arrivato nella mia carriera in un momento perfetto e mi ha regalato un “pass” per ballare nel mondo: invitato da Elisabetta Terabust nel 1994 e nel 1998 con grande onore e felicità l’ho ballato alla Scala, con Alessandra Ferri per la prima volta assieme in questo titolo; poi a Vienna, e da Makhar Vaziev al Mariinskij con Diana Vishneva, che è poi venuta a danzarlo anche a Parigi. All’Opéra, dopo Monique Loudières l’ho danzato con Isabelle Guérin e da quella prima ho danzato con lei molti altri titoli, perché Manon crea dinamiche, condivisioni, vicinanza artistica, pone le basi per nuove collaborazioni, grande rispetto reciproco e riconoscenza: la stessa Lady MacMillan ha sempre avuto con me questa considerazione, anche come direttore quando ci sentiamo è sempre disponibile e disposta a trovare soluzioni a eventuali problemi, perché ricorda questo periodo magico di Parigi, e il mio rispetto per un grande coreografo.  Ecco, questo è il regalo che mi ha fatto MacMillan, ed è per la vita.

Carla Vigevani