DON PASQUALE

Gaetano Donizetti

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Legenda

Questo è il libro di sala accessibile per Don Pasquale di Gaetano Donizetti.

Si compone di 24 pagine. È corredato di versione audio per i testi, audio descrizione per le immagini e video in Lingua dei Segni Italiana (LIS).

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Indice

  • Il Teatro alla Scala: ieri e oggi
  • Introduzione all'opera
  • Il compositore
  • Note di regia
  • Trama
    • Primo atto
    • Secondo atto
    • Terzo atto
  • Credits
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Il Teatro alla Scala:
ieri e oggi

Il 3 agosto 1778 venne inaugurato il Nuovo Regio Ducal Teatro alla Scala, finanziato e voluto dai nobili milanesi con il sostegno della monarchia asburgica, dopo che un incendio il 25 febbraio 1776 aveva distrutto il vecchio Regio Teatro Ducale.

Il nuovo teatro fu costruito in meno di due anni su progetto dell’architetto Giuseppe Piermarini, allievo di Luigi Vanvitelli. Dietro la facciata neoclassica, Piermarini realizzò quello che ancora oggi è un perfetto esempio di teatro all’italiana, un modello che ha dominato l’Europa fino alla fine dell’Ottocento. Con teatro all’italiana si intende un edificio con una sala a ferro di cavallo, una sequenza di palchi disposti per più ordini verticalmente, una galleria o loggione con un ingresso separato.

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Il Teatro alla Scala il giorno della sua apertura contava 194 palchi, compreso il Palco Reale, distribuiti in cinque ordini: di questi palchi, 155 (dal primo al quarto ordine) erano di proprietà dei cosiddetti palchettisti.

Il quinto ordine di palchi, la platea, il loggione e gli alti spazi erano a disposizione dell’impresario, che poteva affittarli per la singola serata o inserirli negli abbonamenti. Nel periodo della Restaurazione, tra il 1815 e il 1848, si assistette all’ascesa del Teatro alla Scala a primo palcoscenico italiano, processo favorito da un insieme di fattori: la nascita e lo sviluppo del repertorio operistico, la presenza a Milano dei principali editori musicali, l’affermazione alla Scala dei maggiori compositori del tempo, tra cui Giuseppe Verdi.

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L'immagine mostra una veduta d’insieme dell’interno del Teatro alla Scala, dal fondo della platea. Si tratta del riallestimento effettuato nel 1830 che ha visto i palchi e il loggione arricchiti di drappeggi blu. La platea è piena di persone, in gran parte sedute su panche a più posti, ma anche in piedi, sul fondo. Sul soffitto, al centro della platea, c’è il grande lampadario che fu collocato nel 1823, con 84 lumi a petrolio. Sul palco, le scenografie mostrano a destra un grande albero con chioma verde in primo piano e più indietro un paesaggio collinare. A sinistra, una grande casa con due persone affacciate alla finestra sopra al portone e, più indietro, una cattedrale. Il palco è popolato da una moltitudine di persone, in parte in piedi e in parte sedute.
Teatro alla Scala – Ieri.
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Fra il gennaio 2002 e il dicembre 2004 la Scala affronta il più grande intervento di restauro dell’edificio e di modernizzazione del palcoscenico dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il 7 dicembre del 2004 Riccardo Muti inaugura il teatro restaurato con Europa Riconosciuta di Antonio Salieri, l’opera che aveva battezzato il teatro nel 1778. Dal 2018, la Scala ha incrementato la propria attività: dai circa 190 spettacoli annuali prima del nuovo palcoscenico, si è passati a circa 284 nel 2021, tra opera, balletto, concerti, attività in sede e fuori sede.

Oggi il Teatro alla Scala ha 2015 posti totali e 154 palchi. L’altezza della platea è di circa 18 metri, mentre la distanza tra il Palco Reale centrale e il palcoscenico è di 30 metri. Il numero di abbonati è di circa 10.000.

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La foto mostra il teatro nella sua forma attuale, visto dal palcoscenico, senza artisti in scena e senza pubblico in platea e nei palchi. Oltre il palco, c’è la buca dell’orchestra con i leggii e le partiture. A seguire, la platea con le attuali poltrone di velluto rosso intenso, i cinque ordini di palchi e il loggione senza drappeggi, decorati con lo stesso velluto rosso intenso delle sedute in platea. Il lampadario, sostituito a quello dell’Ottocento dopo la Seconda Guerra Mondiale, ne replica l’aspetto originario.
Teatro alla Scala – Oggi.
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Introduzione all'opera

Don Pasquale è un dramma buffo in tre atti, con musica di Gaetano Donizetti e libretto di Giovanni Ruffini e Gaetano Donizetti, tratto da un dramma giocoso di Angelo Anelli scritto nel 1810. L’opera, ambientata a Roma e composta in pochi giorni da un Donizetti all’apice della carriera, fu rappresentata per la prima volta il 3 gennaio del 1843 al Théâtre Italien di Parigi con grande successo, sebbene fosse destinata a restare un esempio isolato in quegli anni, poiché l’opera buffa era ormai al termine della sua grande tradizione e in seguito ci si sarebbe orientati, in Italia e in Europa, verso l’operetta. Al Teatro alla Scala arrivò il 17 aprile del 1843, ovvero lo stesso anno del debutto, ed esordì con ben 26 rappresentazioni.

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Il compositore

Gaetano Donizetti nasce a Bergamo il 29 novembre 1797, in un ambiente meno che modesto. Inizia le sue attività musicali nel 1806, a Bergamo, in una scuola di musica fondata e diretta da Simone Mayr. Proprio grazie a Mayr, Donizetti frequenta successivamente il liceo musicale di Bologna. Qui presenta il suo primo lavoro teatrale, la scena lirica in un atto Pigmalione. Tornato a Bergamo, gli viene commissionata la farsa Una Follia; tuttavia, il successo della rossiniana Italiana in Algeri il giorno successivo al suo esordio contribuisce a far dimenticare presto il giovane compositore. Nelle stagioni successive, prosegue la sua carriera a Mantova e a Venezia, ma la notorietà giunge nel 1822 con Zoraida di Granata al Teatro Argentina di Roma. Il successo gli apre le porte dei teatri napoletani: debutta al Nuovo con La Zingara (1822) e l’anno successivo al San Carlo con Alfredo il Grande.

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Dopo un periodo a Palermo, dal 1827 Donizetti risiede e lavora a Napoli ma nascono a Milano i titoli che lo impongono anche in Europa: Anna Bolena (1831) e L’Elisir d’Amore (1832). In questi anni scrive inoltre Lucrezia Borgia (1834), Lucia di Lammermoor (1835) e Poliuto (1838), poi vietato dalla censura borbonica. Decide quindi di trasferirsi a Parigi. Qui scrive La Fille du Régiment (1840), Les Martyrs (1840: revisione di Poliuto) e La Favorite (1840), mentre grazie al successo a Vienna di Linda di Chamounix (1842) viene nominato maestro di cappella e di camera della corte asburgica. Donizetti si divide quindi tra le due capitali: per Parigi scrive Don Pasquale e Dom Sébastien (1843), per Vienna Maria di Rohan (1843). Tuttavia, dal 1843 si manifestano in Donizetti i sintomi di una malattia cerebrale che va aggravandosi. Muore a Bergamo l’8 aprile 1848.

12 Questo ritratto di Gaetano Donizetti è ad opera del pittore lombardo Giovanni Carnovali, detto il Piccio, esposto al Museo Teatrale alla Scala, dono del collezionista Gustavo Botta. Nel quadro, il compositore è seduto su un’elegante poltrona di colore marrone con i braccioli asimmetrici, il sinistro più alto e il destro più basso, e guarda verso l’osservatore. Ha i capelli corti, castani, leggermente mossi, barba e baffi, sempre castani, e gli occhi dello stesso colore. Indossa un’elegante soprabito marrone scuro, una camicia bianca e dei pantaloni beige.
Il compositore, Gaetano Donizetti.
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Note di regia

Per questo allestimento di Don Pasquale il regista Davide Livermore si è ispirato all’estetica del cinema italiano degli anni '50, ovvero a registi quali Rossellini, De Sica, Visconti, Flaiano e Fellini ma anche Germi, Risi, Monicelli e Mastrocinque, fino al giovane Corbucci, che fondendo comicità e Neorealismo hanno di fatto creato la commedia all’italiana.

Lo spettacolo è ambientato in una Roma dai molteplici volti: prevalentemente notturna, in bianco e nero, ormai libera dalle ronde fasciste, ma anche la Roma dei fastosi palazzi, dell’architettura maestosa e della nobiltà “nera, vecchia e immobile” come Don Pasquale, per usare le parole del regista. Sono evidenti anche i richiami alla dolce vita felliniana, nei colori e nei costumi di scena, così come i riferimenti espliciti agli studi di Cinecittà e ai suoi lavoratori.

Nell’ouverture, il regista Livermore mette in scena il funerale della ingombrante e ossessiva madre di Don Pasquale, che ha passato la vita a impedire al figlio di creare rapporti stabili con l’altro sesso. Notevole è anche la scena in cui Norina sorvola Roma su una Lancia Aurelia spider che di nuovo è un richiamo al cinema neorealista.

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Trama

Primo atto

Siamo a Roma, all’inizio del XIX secolo. Don Pasquale, un ricco scapolo settantenne, vuole far sposare suo nipote Ernesto con una nobile zitella, ma il ragazzo è innamorato della giovane e modesta Norina e rifiuta il matrimonio combinato. Per fargli dispetto, Don Pasquale decide di sposarsi lui e diseredare il nipote: affidandosi al dottor Malatesta, suo amico, accetta di sposare la sorella Sofronia, bella e appena uscita di convento.

In realtà si tratta di un intrigo che vede coinvolta Norina sotto le spoglie di Sofronia, architettato per favorire il suo amore con Ernesto sebbene anche quest’ultimo non ne sia a conoscenza. Don Pasquale è felice di questa soluzione e ricorda al nipote che lo diserederà per il mancato matrimonio. Nel frattempo, Norina riceve una lettera da Ernesto che la informa delle decisioni dello zio. La ragazza ne parla con Malatesta, che la tranquillizza. Lei, impersonando Sofronia, sposa con un finto contratto di matrimonio Don Pasquale anche grazie all’aiuto di Carlo, il nipote del dottore. Norina si prepara a recitare la sua parte.

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Primo atto. La scena si svolge nella casa di Don Pasquale, rappresentata da una parete di legno scuro decorata da modanature rettangolari e circondata da impalcature. Alla base della parete, tre porte di legno decorate da una cornice di marmo. Al centro della parete, il ritratto dell’anziana madre di Don Pasquale, in bianco e nero. Il centro del palcoscenico è occupato da una bara di legno scuro appoggiata su un carrello rettangolare, coperto da un pesante velluto nero. Sulla bara, una corona di fiori bianchi e un nastro dello stesso colore con, in nero, la scritta in stampatello “mamma addio”. Dietro alla bara, in piedi, Don Pasquale, vestito con una camicia bianca, un papillon nero e una giacca di colore grigio chiaro; nel taschino della giacca, un fazzoletto rosso. Alla sua sinistra, un prete vestito di nero asperge la bara con acqua benedetta. Alla destra di Don Pasquale, quattro donne vestite con eleganti abiti scuri e cappellini singhiozzano con il capo chino; di fronte a loro, un tavolino di legno con sopra una candela accesa. Dietro Don Pasquale, rivolti verso la bara, sei uomini vestiti con eleganti cappotti neri tengono in mano il proprio cappello; tra loro anche Ernesto, nipote di Don Pasquale. Dietro di loro, tre corone di fiori bianchi appoggiate su altrettanti piedistalli di legno scuro e, a sinistra, una elegante poltrona di colore verde scuro.
Primo atto – Casa di Don Pasquale
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Primo atto. La scena si svolge presso l’ingresso di Cinecittà, rappresentato da una parete di colore grigio con, al centro, la scritta in stampatello “cinecittà”, illuminata. La parete ha delle aperture centrali che lasciano intravedere il fondale, su cui sono proiettati, in bianco e nero, dei pini e, a sinistra, due colonne che rappresentano i fori romani. Sulla sinistra della parete è affisso un poster con la scritta “Maciste”. Di fronte alla parete, i figuranti usciti da un set cinematografico vestiti da centurioni, romani e romane conversano tra loro. All’estrema destra del palcoscenico, Norina, vicino alla sua macchina modello Spider, di colore bianco, mostra ad una donna la pagina di una rivista che tiene aperta. È vestita con un cappotto maculato, bianco e nero, lungo fino ai piedi, stretto in vita da una cintura nera. Indossa dei guanti neri e un cappellino dello stesso colore.
Primo atto – Ingresso di Cinecittà.
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Secondo atto

A seguito del mancato matrimonio, Ernesto sta per lasciare la casa dello zio ed è addolorato. Don Pasquale incontra Sofronia grazie al dottor Malatesta. Sebbene lei sia velata e giochi la commedia della timidezza, Don Pasquale viene immediatamente conquistato dalla sua bellezza e decide di affrettare la firma del contratto di matrimonio con il quale concederà la metà dei suoi beni alla sposa, dandole anche autorità sulla gestione della casa.

Alla cerimonia nuziale partecipa anche Ernesto. Dapprima sorpreso, a seguito dei chiarimenti ricevuti da Malatesta il giovane si tranquillizza e fa da testimone. Non appena viene firmato il contratto nuziale, Norina cambia atteggiamento: diventa aggressiva e impertinente, raddoppia il salario della servitù di casa, ordina nuove carrozze e organizza fastosi banchetti.

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Secondo atto. La scena si svolge presso l’atrio di una stazione ferroviaria, rappresentata da una parete di colore grigio con quattro aperture rettangolari. Partendo da sinistra, la prima apertura è sormontata dalla scritta in stampatello “partenze”. Sotto è appeso un grande orologio circolare. La seconda apertura ha al centro il numero 2; di fronte, un clown suona una tromba, circondato da una decina di grandi palloni bianchi e neri. La terza apertura ha al centro il numero 1; di fronte, una cabina telefonica con una donna al suo interno e due militari che fumano una sigaretta. L’ultima apertura è sormontata dalla scritta in stampatello “arrivi”; di fronte, una bicicletta con un ampio portapacchi anteriore, con dentro dei bagagli. Al centro del palcoscenico, sulla sinistra, una panca di legno scuro; di fronte, sdraiato a terra, Don Pasquale, con il capo appoggiato su una valigia. Un’altra panca è posizionata sulla sinistra; vi sono sedute due donne vestite con abiti eleganti e scarpe con tacchi alti. Le aperture della parete lasciano intravedere il fondale su cui sono proiettati, in bianco e nero, delle nuvole.
Secondo atto – Atrio di una stazione ferroviaria.
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Secondo atto. La scena si svolge nella casa di Don Pasquale, con la parete di legno scuro, qui leggermente sollevata e lasciando intravedere l’atrio della stazione ferroviaria. Al centro del palcoscenico, una vespa che richiama quella del film Vacanze Romane. Un uomo è alla guida, con il braccio sinistro alzato, e un altro, il passeggero, è appena caduto a terra. I due sono vestiti con lunghi impermeabili di colore grigio.
Secondo atto – Casa di Don Pasquale.
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Terzo atto

Don Pasquale è affranto per via delle grandi spese che la moglie gli fa sostenere: sarti, parrucchieri, pellicciai e molto altro. In aggiunta, trova in casa una lettera, fatta cadere appositamente da Norina, in cui un amante sconosciuto le fissa un appuntamento in giardino per la stessa sera. Esce di casa furibondo e nel frattempo Ernesto e il dottor Malatesta si accordano per gestire l’intrigo: il giovane farà una serenata a Norina e poi si nasconderà.

Don Pasquale rientra in casa: è pentito del contratto di matrimonio che ha sottoscritto e vorrebbe liberarsene: Malatesta gli consiglia di sorprendere gli amanti e ripudiare quindi Sofronia cogliendola in fallo. In serata, Don Pasquale e Malatesta si appostano tra gli alberi mentre Ernesto intona una serenata per la donna. I due escono dal nascondiglio mentre Ernesto scappa: Don Pasquale annuncia a Sofronia che ha deciso di accogliere di nuovo Ernesto e acconsentire al suo matrimonio con Norina. A questo punto gli viene rivelato il complesso intrigo e Don Pasquale, felice di liberarsi della moglie, perdona tutti e benedice le nozze tra Ernesto e Norina.

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Terzo atto. La scena si sposta in periferia, di fronte ad un luna park abbandonato proiettato in bianco e nero sul fondale e rappresentato da una enorme giostra a seggiolini. Sempre sul fondale, a sinistra della giostra, è proiettata una grande luna piena. Sul palcoscenico, a destra e a sinistra, tre alti pini e le due colonne già presenti nella scena di Cinecittà, circondate da una impalcatura. Al centro del palcoscenico, una pompa di benzina, anch’essa abbandonata, circondata da detriti. Alla sua destra, Don Pasquale e il dottor Malatesta. Don Pasquale indossa un frac di colore nero, un gilet grigio chiaro, un papillon dello stesso colore, una camicia bianca e dei pantaloni neri. Ha con sé un fucile. Malatesta indossa un completo giacca e pantaloni di colore nero, una camicia bianca e una cravatta nera. Dietro di loro si solleva dal pavimento del palcoscenico del denso fumo grigio.
Terzo atto – Luna Park.
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Terzo atto. La scena si svolge di fronte al luna park, ora semi-coperto da un grande pannello nero su cui è rappresentata, in bianco e nero, una gigantografia di Norina; è sdraiata su un fianco, vestita con un elegante abito lungo, con le spalle scoperte e dei guanti lunghi fino al gomito. A destra la scritta, in corsivo, “Norina confezioni”, di colore bianco. Al centro del palcoscenico sono scese dal soffitto quattro imbragature con dei seggiolini, simili a quelli della giostra. Vi sono seduti, da sinistra a destra, Malatesta, Don Pasquale, Norina, vestita come nella gigantografia, ed Ernesto. Vicino a Don Pasquale, in piedi, l’anziana madre. Dietro, un gruppo di circa quaranta uomini e di donne indicano il centro del palcoscenico. Tutti sono vestiti con abiti eleganti e alcuni indossano un cappellino a cono, di cartone, con un elastico sotto al mento.
Terzo atto – Norina confezioni.
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Credits

I testi e le immagini contenuti in questo libro di sala accessibile sono stati forniti dall’Ufficio Edizioni Teatro alla Scala.

Ideazione, progettazione, rielaborazione testuale e descrizioni
Elena Di Giovanni, Francesca Raffi (Università degli Studi di Macerata)

Supervisione
Stefania Laura (Teatro alla Scala)

Coordinamento tecnico
ALI – Accessibilità Lingue Inclusione

Progettazione tecnica, studio e sviluppo digitale
Tadao Agency

Voci
Sonia Barbadoro (descrizioni)
Alberto Onofrietti (testi)

Video LIS
Ramona Sala

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Disclaimer

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